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Intervista a Davide Capogrossi

– Benvenuto Davide, sono passati circa quattro anni dalla tua esperienza in DF Academy. Che persona ritroviamo da un punto di vista umano e professionale?

“Da un punto di vista umano sono sempre lo stesso, forse un po’ più scaltro. Diciamo che ho frequentato una laurea triennale in “morte tua vita mia”. Il calcio dilettantistico d’élite è così, fare il Direttore sportivo in questo contesto ti insegna a stare al mondo. Ho avuto la fortuna di scegliere e crescere tanti giocatori bravi, di sfiorare la vittoria di un titolo Giovanissimi e di imparare da grandi personaggi come Paolo Fiorentini e Piero Gonini. La mia più grande soddisfazione è l’affetto che mi continuano a riservare le famiglie, segno che mi sono comportato correttamente. Anche i ragazzi che hanno raggiunto il sogno dei professionisti (una ventina in tre anni, ndr) continuano a scrivermi e a condividere con me i loro successi. Spesso ci dimentichiamo che sono loro al centro di tutto questo..”.

– Hai lasciato questa società agli albori e la ritrovi con numeri importanti che ne fanno una realtà consolidata nei Castelli Romani e tre categorie regionali, descrivici la tua impressione in questi primi giorni.

“Pur essendomi allontanato fisicamente dalla società in questi anni, ho sempre dato un’occhiata con attenzione e affetto alla sua evoluzione. D’altronde era, è e sarà per sempre il nostro sogno, quello buttato giù su un foglio di carta con i miei amici sul tavolino di un bar quattro anni fa. Sicuramente la conquista di tre categorie regionali su quattro è un traguardo notevole, ma il vero successo è un altro. Io vivo a Santa Maria Delle Mole e vedere ovunque ragazzini di ogni età che girano per il paese con la maglia della DF è incredibile. Si respira un forte senso identitario, di appartenenza e passione. La metodologia applicata nella scuola calcio resta di primissimo livello, anche in confronto a realtà storiche del calcio romano. La scorsa settimana sono passato al campo, poco prima dell’inizio di una sessione di allenamento di scuola calcio: ho contato otto tecnici di vario genere intenti a preparare il campo, almeno mezz’ora prima dell’inizio. Il segreto del successo sta tutto qui.”

– Focus sul breve e medio periodo. Qual é la tua visione in ambito agonistico e cosa dobbiamo attenderci in generale?

“Cercherò di entrare in punta di piedi, sono  l’ultimo arrivato e voglio rispettare gli equilibri. Per prima cosa occorre dare supporto ai ragazzi che stanno vivendo un periodo difficile per la pandemia che ci ha colpito, non giocano a calcio praticamente da un anno e sono stati privati di tutti i riferimenti. Speriamo che ci sia la possibilità quantomeno di riprendere gli allenamenti e di organizzare qualche partita, altrimenti diventa difficile programmare la prossima stagione e il rischio abbandono per i ragazzi potrebbe diventare un serio problema. Colgo l’occasione per ringraziare lo staff per l’ottimo lavoro svolto, anche di supporto morale. Ho visto tanti sorrisi in campo  e questo è fondamentale. Nel medio e lungo termine l’obiettivo è quello di creare gruppi competitivi portando in agonistica più ragazzi possibili cresciuti nella nostra attività di base e – perché no? – sognare un ingresso nei campionato élite. Non deve essere l’obiettivo principale ma la conseguenza di un percorso di crescita e sacrificio da svolgere sul campo, allenamento dopo allenamento. D’altronde è proprio l’Atalanta, che rappresentiamo orgogliosamente in qualità di unico centro tecnico nel centro-sud Italia e di cui condividiamo i valori, a suggerire sul colletto della propria maglia da gioco un concetto fondamentale: ‘La maglia sudata sempre’. Questo vale nel calcio, come nella vita.”

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